martedì 22 maggio 2012

da Hopper a Warhol - San Marino

Questa piccolissima mostra curata da Marco Goldin sarà presente al Palazzo Sums fino al 3 di giugno.

Il 'piccolissima' è riferito al fatto che sono esposti solo diciotto quadri rappresentativi della pittura americana del XX secolo.

Si parte dagli esponenti della prima generazione dell'espressionismo astratto quelli cioè della pittura d'azione in cui soggetto del dipinto diventa il gesto dell'artista. Troviamo quindi Arshile Gorky, Jackson Pollock e Franz Kline.

Si passa poi alla seconda generazione e cioè quella della pittura a campi di colore in cui è il colore il soggetto del dipinto e qui troviamo Mark Rothko, Louis Morris e Francis Sam.

A questo punto si fa un passo indietro e ci si trova tra gli esponenti del realismo americano Lyonel Feininger, Thomas Benton, Edward Hoppoer, Georgia O'Keeffe ed Andrew Wyeth per poi essere rilanciati nel futuro della Pop Art di Andy Warhol, Keith Haring e Roy Linchestein.

Come recita una battuta del film Mona Lisa Smile, l'arte contemporanea chiede di essere capita e non giudicata bella o brutta. E' così da Duchamp in poi, come mi ha confermato qualcuno che non solo conosce la storia dell'arte ma l'arte la fa.

Questo approccio mi ha permesso di intuire il valore di una mostra come questa e ha suscitato in me la voglia di volerne sapere di più.

Ebbene, in questo post voglio fare un po' il punto di quello che ho appreso leggendo il catalogo della mostra insieme a quello che fa parte della mia formazione personale.

Gli anni dell'astrattismo americano sono gli anni della seconda guerra mondiale in cui molti artisti europei trovano rifugio in America. In questo modo anche il surrealismo ed il cubismo approdano in quella terra e vengono divulgati grazie anche all'attività di Peggy Guggenheim, grande mecenate.

Arshile Gorky
(Khorkom, 1904 - Sherman, 1948)
Good Hope Road - 1945
Gorky è un precursore della pittura di azione; è un surrealista astratto in cui è evidente l'influenza di Mirò. "Per Gorky l'arte rappresenta la trascrizione emozionale della realtà interiore, della propria memoria, il racconto di sé."
Gli eventi drammatici della sua vita lo porteranno a suicidarsi a soli quarantaquattro anni.

Jackson Pollock
(Cody, 1912 - Long Island, 1956)
Numero 9 - 1949
Pollock esprime tutta la sua tensione emotiva attraverso la tecnica del dripping, sgocciolamento del colore direttamente sulla tela. Il risultato è un intreccio caotico di segni colorati; non c'è traccia di alcuna forma compiuta.
In un intervista, alla domanda 'Come fa a capire quando ha finito un quadro?', Pollock risponde 'Come fa a capire quando ha finito di fare l'amore?'. Non male come risposta.
Le teorie junghiane sull'inconscio, l'automatismo psichico di derivazione surrealista, l'arte dei muralisti messicani e la mitologia degli indiani d'America confermano Pollock nella sua tecnica espressiva quale mezzo per recuperare il significato primario dell'esistenza violato dalla tragedia della seconda guerra mondiale.
Pollock muore in un incidente d'auto per guida in stato di ebbrezza a soli quarantaquattro anni.

Mark Rothko
(Daugavpils, 1903 - New York, 1970)
Multiforms N. 19 - 1949
Per Rothko il colore è l'unico vero soggetto del quadro. Attraverso incontri e giustapposizione di macchie di colore le sue opere si pongono come "tableau vivant dell'incomunicabilità umana" come lui stesso afferma.
Nel momento in cui le sue opere riescono a suscitare nell'osservatore l'idea di essere all'interno del dipinto e di conseguenza a porre fine al silenzio, alla solitudine, la poetica di Rothko raggiunge il suo scopo.
Una lunga lotta con la depressione lo porta al suicidio.

Edward Hopper
(Nyack, 1882 - New York, 1967)
Emporio - 1927
Hopper è colui che esprime con la sua pittura realista l'America a lui contemporanea.
La Grande depressione è dietro l'angolo e porterà con sé un senso di smarrimento e di sospensione del tempo; ma Hopper non vuole essere definito per questo il pittore della solitudine.
"Si parla troppo di solitudine. In questo modo si riduce a una formula qualcosa che non vuole essere formulato."
I suoi dipinti ritraggono momenti cristallizzati di un'azione all'interno di una storia personale che non ci è dato di conoscere ed è per questo che le figure ci sembrano assorte, distaccate, sospese.
Il quadro presente nella mostra è il primo dipinto in cui non è presente alcuna figura ma in cui l'America tanto amata da Hopper è sempre riconoscibile.

Andrew Wyeth
(Chadds Ford, 1917 - 2009)
Sloop Day - 1975
Il 1975 è l'anno della fine della Guerra del Vietnam, persa dagli americani.
Sono passati quasi cinquant'anni dall'Emporio di Hopper ed ecco un altro artista realista americano nel cui dipinto il tempo sembra essersi fermato. Non c'è una narrazione esplicita ma implicita in quella porta aperta, in quei tavoli apparecchiati, in quella tenda della finestra appena sollevata. Non ci è dato sapere se sia già finito il convivio o se debba ancora esserci e noi quasi aspettiamo che qualcuno ci faccia un cenno.
Dipingere, per Wyeth, equivaleva a 'vedere in silenzio e in profondità' le cose.

Andy Warhol
(Pittsburgh, 1928 - New York, 1987)
Jackie - 1964
E' passato solo un anno dall'assassinio di John Fitzgerald Kennedy e Warhol realizza quest'opera quasi a voler esorcizzare la morte come ha già fatto con altri personaggi noti che in qualche modo hanno visto da vicino la morte. Jackie infatti è stata testimone dell'assassinio del marito.
La tecnica utilizzata è quella del silkscreen, del riporto fotografico su seta.

Come è scritto nel sottotitolo del mio blog, qui scrivo le cose che faccio e che danno valore alle mie giornate; quindi nessuna pretesa di competenze di critica d'arte, in questo caso; di critica letteraria, musicale o altro, negli altri casi. Le mie competenze reali riguardano il settore del turismo. Il resto è ammirazione per le arti e desiderio di conoscenza.

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